Pare che i Porcupine Tree non si siano stancati di venire in Italia a suonare per i loro fans, visto che dopo le date di Milano e Roma ad aprile, e di Civitanova Marche, Roma e Collegno (TO) a luglio, sono di nuovo qui per due date, una al New Age di Roncade (TV) e l'altra al Live Music Club di Trezzo sull'Adda (MI). Sembra anche che i loro fans non si siano stancati di accogliere il quartetto inglese (che diventa stabile quintetto in occasione dei live), fans che sono cresciuti di numero in dieci anni di attività, ma soprattutto a seguito del penultimo album "In Absentia" (2002) che li ha consacrati mediaticamente e commercialmente. Ma non stanchi di successo i Porcupine Tree si ripropongono con un album come l'ultimo "Deadwing" (2005) che richiama all'attenzione anche fans dai gusti più duri e metal rispetto ai suoni psichedelici a cui avevano abituato, ricordando in parte l'album del 2000 intitolato "Lightbulb sun". Questo è quello che emerge dal concerto di giovedì 24 novembre al New Age di Roncade, una serata, a mio parere, all'insegna della carica rock che, intrecciata ai suoni atmosferici delle tastiere, riscalda il pubblico fino alla conclusione travolgente e soddisfacente. Ma partiamo da inizio serata.
Entriamo nel locale, accogliente e non eccessivamente grande, attirati dalle note del gruppo spalla, gli Oceansize, giovane gruppo inglese che dimostra buone potenzialità e qualità musicali. L'acustica promette bene, il locale non è ancora pieno e possiamo apprezzare bene il sound di questo gruppo. Terminata la propria performance e lasciato il palco libero, l'aria comincia a riscaldarsi. I roadies si muovono veloci per sistemare il palco, con un pò di stupore osservo che viene stesa della moquette, ma vengo subito rapita dalle chitarre modello Paul Reed Smith Custom 22 (bellissime!) e dalla pedaliera (che pare più un'astronave) che vengono portate, e dalla batteria che viene messa in primo piano. I Porcupine si intravedono dietro le quinte, il pubblico comincia a chiamarli, si spengono le luci..... ecco arrivare il leader Steven Wilson a piedi scalzi (così si spiega la presenza della moquette) che seguito dal resto della band imbraccia la PRS e sferra un'accattivante "Open Car" che scalda subito gli animi. L'acustica è perfetta in ogni parte del locale e, insieme all'ottimo lavoro dei fonici, riesce a far intendere fin d'ora la bravura e la perfezione di questo gruppo. Il ritmo resta alto grazie a "Blackest Eyes", per poi calmarsi un pò sulle note introduttive di "Lazarus". Seguono, per ripassare un pò, "Hatesong" dal tocco più rock, tratta da "Lightbulb Sun", e "Don't Hate me" tratta da "Stupid Dream" (1999), pezzo più tranquillo e meditativo. Tocca poi ad un pezzo strumentale, dalle sonorità metal, "Mother & Child Divided", formidabile e inedito. Wilson imbraccia di nuovo la chitarra acustica, come aveva fatto precedentemente per "Lazarus", e propone "Buying a new soul" seguita dalla b-side "So-called Friend".
Il concerto scorre fluido e veloce, siamo al momento centrale in cui il pubblico riconosce subito il pezzo dalle prime note, e risponde a coro, alzando il braccio e cantando "Arriving somewhere but not heeere...". Ormai è fatta, il pubblico è incantato dai suoni psichedelici di Richard Barbieri alle tastiere, dalla batteria precisa e perfetta di Gavin Harrison, dagli assoli magici e dagli ottimi cori di John Wesley (ormai partner fisso per gli appuntamenti live) alla chitarra, dal basso incantatore di Colin Edwin, ma soprattutto da lui, il leader carismatico con quell'aria da intellettuale Steven Wilson.
Segue una serie di pezzi che mantengono il ritmo sostenuto: "Dot Three", "The Start of Something Beautiful", "Halo". Non c'è piede, braccio o testa fra i presenti del pubblico che stia fermo.
Siamo a fine concerto, la band saluta e rientra subito per concludere con l'acclamata "Radioactive Toys" e la bellissima "Trains", in cui la voce di Wilson e il suono della chitarra acustica creano un'atmosfera magica. Il concerto finisce lasciando il pubblico entusiasta.
Bel concerto, non rovinato, come spesso succede, dal caldo afoso dei piccoli locali sovraffolati e dall'acustica non adatta alla bravura tecnica e alla pulizia di suoni di un gruppo che non lascia nulla al caso (tranne la rottura di una corda a Wilson che ha richiesto un pò di improvvisazione) e che ha saputo dare ai propri fans un'esibizione intensa e appagante.
(by Elez & FiNeX)
Finalmente si può leggere questo "benedetto" inserimento! :P
Peccato per le foto un po' scure, comunque la notizia è ben scritta, ma (non per essere pignolo... oppure si... :P ) manca di "verve" (se così si scrive) in qualche parte... :P